lunedì 31 ottobre 2016

Speciale Halloween #5. Le streghe moderne

La scorsa settimana la quarta tappa dello “Speciale Halloween” si è conclusa con una domanda: esistono ancora le streghe? La risposta è sì, anche se è necessario definire il termine in base alla nostra epoca, all’evoluzione del pensiero e, dunque, della razionalità.

Non stiamo certo parlando di donne che volano sulle scope lanciando malefici; anzi, per dirla tutta, la parola strega, oggi, può avere diverse accezioni e positive per giunta. Un tempo le malefiche erano, in molti casi, donne che vivevano ai confini della società, sole, talvolta perfino eccentriche.

Queste caratteristiche si sono trasformate, seguendo il cammino della storia verso il progresso, la modernizzazione della società e, dunque, l’emancipazione femminile.

Una strega moderna, nel nostro secolo, è una donna che sceglie come vivere, ama imparare ogni giorno le lezioni della vita, non si lascia scalfire dal giudizio degli altri, è anticonformista, controcorrente, non accetta il “sentito dire” o i pensieri e le emozioni preconfezionate, né le cose fatte perché “le fanno tutti e in un modo ben preciso, immutabile”, non si arrende e guarda avanti senza dimenticare chi è.

Il fatto che si parli di “strega” seppur moderna, può far pensare a una sfumatura negativa, a un tipo di libertà immeritata e pagata con le parole. In alcuni casi è così ma, in altri, il termine si riallaccia semplicemente alla natura “fuori dagli schemi” di tale figura, (anche in questo caso è fondamentale il contesto e il tono con cui vengono pronunciate le parole).

Le streghe moderne, però, sono anche persone che hanno scelto di seguire un particolare sentiero spirituale che si ricollega al neopaganesimo e alla stregoneria moderna, appunto (anche in quest’ultimo caso non vi è alcuna ombra di negatività). A loro dedichiamo questa ultima tappa dello “Speciale Halloween”.

lunedì 24 ottobre 2016

Speciale Halloween #4. La strega allo specchio. Il fascino e la repulsione del male

Gli ultimi due articoli dello Speciale Halloween 2016 saranno un po’ diversi dal solito, ma in linea con il tema trattato e con l’essenza del blog. Abbiamo fatto un breve viaggio nella Storia, tra le streghe di Triora e di Salem, nella letteratura con "Misteri nella Storia Speciale Stregoneria" di Black Book, edito da Yume Edizioni.

La storia della stregoneria è un tema complicato e affascinante, composto da innumerevoli diramazioni ed evoluzioni. Persino la figura della strega non è sempre uguale a se stessa, ma cambia con i tempi, i desideri nascosti e le paure degli esseri umani.

Ci attrae e, nello stesso tempo, ci repelle. Per quale ragione? Perché siamo attratti dai poteri delle streghe, pur temendole? Come mai l’immagine delle megere ha avuto e continua ad avere tanto successo nei romanzi, nei saggi e nei film?

Le ragioni sono profonde, radicate fin nel nostro inconscio e certo un breve articolo su un blog non può (e non pretende) di esaminarle e sviscerarle tutte. Nonostante questo possiamo, ugualmente, aprire il dibattito e approfondirlo in seguito, con letture, opere cinematografiche o studi specifici.

Proprio riguardando alcuni celebri film nei quali le streghe sono protagoniste o, comunque, hanno un ruolo rilevante, ho iniziato a fare delle riflessioni. Le pellicole in questione sono “Le streghe di Eastwick” e “Maleficent”.

La prima è un capolavoro del 1987 con Jack Nicholson, Michelle Pfeiffer, Susan Sarandon
e Cher, tratto dall’altrettanto celebre romanzo di John Updike (1986). La trama la conosciamo tutti: tre donne sole incontrano un uomo ambiguo e affascinante, Daryl Van Horne, ignorando, nella fase iniziale, che si tratti proprio del diavolo in persona, venuto sulla Terra per tentarle e prendersi le loro anime, donando loro dei poteri e assicurandosi una discendenza da tutte e tre. Il film e il romanzo non sono perfettamente speculari, ma il dibattito sulla fascinazione che la figura della strega ha su di noi si può applicare a entrambi.

Le tre protagoniste de “Le streghe di Eastwick” ritrovano la vivacità, la gioia (effimera in questo caso) di vivere e uno scopo proprio con Daryl. Come d’incanto i loro sogni (anche quelli meno edificanti) si realizzano grazie alla magia. Tutti (o quasi) vorremmo realizzare i nostri desideri in un batter di ciglia; è la strada più facile e il raggiungimento dell’obiettivo è assicurato. In un’epoca come quella in cui viviamo, dominata dall’immagine e dell’apparenza, essere sempre vincenti (talvolta anche a scapito degli altri) piacerebbe a molti.

Ci ammalia, dunque, il potere delle streghe, le loro capacità incredibili e misteriose. Le percepiamo come creature pressoché invincibili, in grado di agire in qualunque momento e senza sbagliare. Come il libro e il film ci mostrano, però, la “medaglia” ha un rovescio: perdere se stessi, l’anima, essere schiavi del potere, rinunciare alla nostra indole. La maggior parte delle volte la strada più facile non ci porta dove avremmo voluto; la realtà ci insegna che quasi nulla può essere conquistato nell’arco di una notte.

Il secondo film “Maleficent” (2014) con una bravissima Angelina Jolie. La pellicola è un remake del classico Disney “La bella addormentata nel bosco”, benché la trama presenti rilevanti differenze e vi sia un approfondimento maggiore della psicologia della strega.

Malefica è, prima di tutto, una donna tradita dal suo amore (o meglio, da quello che lei riteneva tale), privata di una parte di se stessa (le ali). Ciò che ci affascina di lei è la passione che neppure la veste scura e l’espressione impassibile possono cancellare. Le streghe, infatti, sono temute proprio per i sentimenti forti che sono capaci di nutrire.

Non sono esseri “grigi” e spenti, non hanno paura e non si nascondono. Sono libere e, si sa, la libertà e la passione fanno paura, pur esercitando una grande attrazione. Malefica riesce a vendicarsi nel momento in cui ritrova questa libertà e la sua anima (le ali). Le streghe sono state perseguitate in quanto donne (la maggioranza; in effetti vi furono casi di accuse contro uomini e ragazzi).

La donna, le sue conoscenze ancestrali del corpo, della Madre Terra, le sue capacità straordinarie (dare la vita) sono state l’ossessione degli inquisitori. Questi ultimi hanno tentato di mortificare e ridurre al silenzio (spesso eterno) l’essenza femminile che li terrorizzava e li incantava.

Le streghe, quindi, sono donne di potere (un bel problema in società patriarcali), appassionate, anche scorrette (ma, attenzione, il male non può mai essere giustificato), libere, eccezionali nella loro normalità, in grado di ribellarsi, incapaci di sottostare al silenzio. Questo ci affascina delle streghe, il loro spirito indomito.

Dovremmo solo capire che anche la libertà richiede responsabilità e che il potere su noi stessi che tanto vorremmo è un mezzo per migliorarci giorno per giorno, non per cercare scorciatoie.

Potere e libertà, passione e indomabilità non devono farci paura; il nostro intento, per usare un po’ di ironia, non dovrebbe essere quello di volare su una scopa per lanciare sortilegi, ma di far volare più in alto possibile i nostri sogni mentre, lavorando senza sosta (e su noi stessi), cerchiamo di raggiungerli.

Sono esistite ed esistono ancora persone così, “streghe moderne” che sanno modellare la vita in conformità con i loro obiettivi?

lunedì 17 ottobre 2016

Speciale Halloween #3. “Mystery in History. I misteri della Storia. Stregoneria”

I primi due appuntamenti dello “Speciale Halloween 2016” ci hanno portato, in una specie di “viaggio” nel storia della streghe e dell’inquisizione, a Triora e poi a Salem; oggi, invece, ci fermiamo tra le pagine di un saggio che particolare, pubblicato da poco e che mi ha colpito molto non solo per l’argomento trattato, l’origine e l’evoluzione della stregoneria, ma soprattutto per lo stile con cui vengono affrontati questi temi così complessi.

Mystery in history. I misteri della storia. Stregoneria vol. II”, scritto da Black Moon e pubblicato da Yume Book, si propone di “raccontare” le streghe, di “dipingere” il loro ritratto con le parole, citando i casi più misteriosi, alcuni dei quali sono, forse, meno noti al pubblico.

mercoledì 12 ottobre 2016

Recensione. “Calcutta” di Shumona Sinha

Quando pensiamo all’India le prime immagini che si presentano davanti agli occhi della mente sono quelle di un luogo esotico, lontano, misterioso, inafferrabile, di sari dai colori sgargianti, di divinità che hanno resistito alla trasformazione della società e dei celebri film di Bollywood che, però, spesso dipingono un ritratto stereotipato di una nazione che non si può definire con una sola parola o un solo concetto.

L’India non ha una sola anima, ma molte, forse tante quante sono gli dei che, ben protetti nel loro pantheon intoccabile, osservano la vita quotidiana degli uomini. Allo stesso modo l’India racchiude in sé tante contraddizioni, ognuna riconducibile a una precisa essenza o anima. Raccontare tutte queste realtà, dunque, è un’impresa ancora più difficile; bisogna evitare di cadere nei luoghi comuni e di rimanere intrappolati nei cliché.

Eppure non è impossibile. Shumona Sinha, scrittrice indiana che si serve della lingua francese per descrivere i tanti volti dell’India, ci è riuscita tornando indietro nel tempo, alle origini della sua famiglia e di se stessa.

Il romanzo “Calcutta” (Clichy Edizioni) è un vero gioiello letterario, la scoperta di un piccolo tesoro che chiunque ami l’India dovrebbe leggere e al quale dovrebbero accostarsi anche e soprattutto quelli che non sanno nulla di questo Paese, o preferiscono la visione “pigra”, più “folkloristica” di cui spesso si abusa.

Da tempo speravo di leggere un romanzo dallo stile così poetico ed elegante, che sollevasse i mille sari indossati da questa potente nazione, in costante ascesa economica, per mostrare la vita vera, quella delle strade polverose, delle lotte politiche, del sacrificio di un popolo per l’indipendenza, dei profumi di spezie che si fondono con il sudore degli uomini che sperano in un futuro migliore.

Da anni speravo di poter guardare l’India che smette di ballare sui ritmi trascinanti dei film di Bollywood (che pure amo molto) per farmi ascoltare il suono dei clacson impazziti per le strade, le voci dei bambini nei cortili, persino la disperazione di chi non ha nulla e le grida di chi ritiene di avere la verità in mano.

In questo libro le vere protagoniste sono donne; tutto inizia dalla giovane Trisha, che torna nella casa natia per assistere alla cremazione del padre. Non è più abituata ai suoni e alle immagini dell’India più profonda in cui è cresciuta. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia la destabilizza, disorienta la “bussola esistenziale” che credeva fosse irrimediabilmente ferma sull’età adulta.

Trisha, allora, inizia a vivere di nuovo, a “respirare” la sua casa, andando indietro nel tempo attraverso i ricordi e i racconti delle vite della madre, della nonna e della bisnonna. Dall’epoca odierna alla colonizzazione, dal boom economico al potere di Indira Gandhi, fino al Mahatma Gandhi.

Decenni di cambiamenti improvvisi e inaspettati, di lotte mai davvero concluse tra indù e musulmani, di fanatismo, di odio profondo tra fazioni religiose e politiche. Shumona Sinha lascia intravedere la Storia attraverso le storie che hanno costruito il passato familiare di Trisha; quest’ultima altri non è che l’autrice stessa o, comunque, la sua anima indiana che convive con quella francese.

La struttura del romanzo ricorda molto la forma di una spirale il cui centro si allontana man mano che ci inoltriamo nella vicenda, poiché non vi è una fine, bensì un eterno scorrere del tempo a ritroso. Possiamo solo immaginare tale eternità la quale, ovviamente, non può essere rinchiusa in un romanzo, ma rappresenta una costante dei destini di ognuno di noi, tanto della nostra ascendenza quanto della nostra discendenza.

Oppure possiamo vedere le storie di queste donne come il cerchio delle esistenze, in cui tutto nasce e muore, ogni cosa, alla fine, torna all’ordine naturale. Sono, infatti, suddivise in capitoli che sembrano dei veri e propri racconti, ma legati uno all’altro come pezzi di un puzzle il cui senso sta nel tutto e non nella singola parte, benché finita. La madre di Trisha, Urmila, è una donna bellissima e malinconica.

Tanto intelligente e brillante quanto solitaria, scostante, chiusa in guscio che si è costruita da sola e nel quale si ripara quando la malinconia torna a farle visita. La sua famiglia la crede pazza, ma il marito, Shankhya, padre di Trisha, la ama nonostante tutto. In realtà Urmila ha il male di vivere e nulla, neppure l’amore per la figlia o la paura per il coniuge, attivista politico tra le file del comunismo, in opposizione al potere centrale, riescono a ridestarla dai lunghi momenti di torpore.

La nonna paterna di Trisha, Annapurna, ha un legame speciale con Shankhya, il preferito tra i figli. Lo guarda crescere, nutrendo nei suoi confronti le speranze di un futuro brillante. Annapurna è una donna determinata, che non si è rassegnata alla morte del marito e alla povertà, né ha voluto seguire la tradizione che relega le vedove ai margini della società.

Ashanti, la madre di Annapurna, è il personaggio più affascinante del libro. Anche lei è rimasta vedova, ma non si è piegata al destino, scegliendo di diventare una cortigiana. Incontra il potente Bijendramohan Chowdry e tra i due scoppia la passione. Ashanti, però, capisce ben presto che il suo amore profondo e paziente non è ricambiato. Il suo orgoglio ferito non le consente più di aspettare un uomo che non la vuole davvero e, ancora una volta, la stupenda cortigiana sceglie da sola il corso da dare a un’esistenza che troppe volte l’ha messa alla prova.

Su Trisha, Urmila, Annapurna e Ashanti veglia una figura femminile, una “madre” che lascia scorrere su di sé i giorni, la felicità e la tristezza dei suoi figli: Calcutta, la città protagonista dell’intero romanzo.

Calcutta è presente non solo quando Shumona Sinha ce la descrive con fierezza, in dettaglio, facendoci perfino respirare gli odori delle strade o dell’interno delle case; la città simbolo dell’India traspare dai sentimenti dei personaggi, dalle loro azioni, dai cambiamenti storici e politici.

Calcutta è sempre lì, a chiudere il cerchio delle storie e delle donne della famiglia di Trisha. E’ un microcosmo racchiuso nel ventre di un’altra madre, l’India, altra essenza femminile. Sono questi luoghi a dare respiro, linfa vitale tanto ai personaggi quanto alle loro vicissitudini.

Calcutta” è un romanzo straordinario, scritto da una poetessa della vita, una acuta osservatrice del mondo che scrive per immagini, colori, suoni e profumi. Amerete questo libro fin dalle prime pagine, ma ricordate di leggerlo con lo stesso amore che si riserva a una madre, o a alla nazione che è culla dei nostri giorni e delle nostre scelte.


Il libro

Titolo: Calcutta

Autrice: Shumona Sinha

Casa Editrice: Clichy Edizioni

Pagine: 225

Prezzo: 15 euro

Data di pubblicazione: 2016









Sinossi

Dopo la pubblicazione, nel 2011, di A morte i poveri!, Shumona Sinha, poetessa e scrittrice indiana che scrive in un sublime francese, è stata decretata dalla stampa come la più interessante e promettente autrice indiana. In questo nuovo, struggente e teso romanzo, la Sinha narra la propria terra, le sue tensioni politiche, l’odio che da sempre la pervade e la tinge di dolore e di sangue, i sogni, le illusioni, i miti e le leggende della sua famiglia. Al centro di tutto c’è una città, Calcutta, nella quale una giovane donna torna per assistere alla cremazione di suo padre. E lì ritrova il quartiere, la casa, gli oggetti, i ricordi della sua infanzia. Tutto la sconvolge, l’olio di ibisco per ammorbidire la follia di sua madre, la trapunta rossa che nascondeva le armi di suo padre attivista comunista, le storie della nonna Annapurna e della bisnonna Ashanti, concubina ribelle e anticonformista di uno spietato signore. Un libro forte e denso di poesia, una scrittura straordinariamente ricca ed evocativa, un’autrice che dopo aver conquistato la Francia si propone adesso con forza anche in Italia. (Dalla quarta di copertina).


L’autrice

Shumona Sinha è nata nel 1973 a Calcutta. Dal 2001 vive a Parigi e scrive in francese. Curatrice di alcune antologie di poesia indiana, nel 2011 ha pubblicato A morte i poveri! (edito in Italia da Barbès Editore), con cui si è aggiudicata numerosi premi.









Per saperne di più

La pagina dedicata al romanzo sul sito Edizioni Clichy

Il profilo Twitter dell'autrice

Il profilo Facebook dell'autrice


Le immagini sono tratte dal sito delle Edizioni Clichy

lunedì 10 ottobre 2016

Speciale Halloween #2. Le streghe di Salem

Dopo aver approfondito la vicenda di Triora, il nostro secondo appuntamento con lo Speciale Halloween ci porta dall’altra parte dell’oceano, nelle Americhe, per la precisione a Salem, cittadina divenuta tristemente famosa per uno dei casi più clamorosi nella storia dell’inquisizione e della stregoneria.

Il processo alle presunte streghe di Salem fu uno dei più gravi casi di isteria di massa che la Storia ricordi. Il 1692, fu l’anno in cui scoppiò il “caso Salem”, come potremmo chiamarlo oggi; la paura sfumò verso il panico, causando un’agguerrita, feroce caccia alle streghe nel Nuovo Mondo.

Il tribunale secolare del luogo non si ritrovò a giudicare solo delle persone, ma anche un intero sistema di valori religiosi e morali che, lentamente, stava mutando, sgretolandosi per lasciar posto al nuovo.

Per gli abitanti della piccola città occorreva preservare le tradizioni, ripristinare “l’ordine” instaurato dal puritanesimo da ogni vento di cambiamento “terreno” e “materialistico” che minacciava di minare alla base un’intera società. Non solo la superstizione, l’isteria, l’ignoranza, l’invidia (già incontrati nel caso di Triora) furono le cause del processo di Salem.

Vi era molto di più in gioco: la sopravvivenza di un piccolo universo che rischiava di scomparire.

giovedì 6 ottobre 2016

Donne nel mistero. La storia di Erzsébet Bàthory

Da oggi il blog si arricchisce di una nuova rubrica, “Donne nel Mistero”, dedicata alle essenze femminili sfuggenti, talvolta caratterizzate da un deciso, violento tratto negativo. Storie mai risolte, avvolte dal mistero, appunto, su cui ancora sussistono troppi dubbi; enigmi che, intrecciandosi, danno vita a un dedalo di ipotesi e possibilità.

Il primo appuntamento di questa rubrica ha per protagonista uno dei personaggi più malvagi della Storia, una donna perversa, sadica: l’assassina seriale Erzsébet Bàthory. Su di lei si è scritto e detto moltissimo, cercando di afferrare la vera natura di questa aristocratica dalla mente disturbata e trovare, così, un’origine alla sua leggenda nera.

Erzsébet viene definita “vampira” eppure, riflettendo meglio, la sua figura è più simile a quella della strega dedita alle arti magiche la quale, nell’immaginario collettivo, ha il potere di manipolare gli elementi e i nemici attraverso sortilegi e pozioni. La nobildonna, infatti, dedicò gran parte della sua vita alla magia e all’alchimia.

lunedì 3 ottobre 2016

Speciale Halloween #1. Le streghe di Triora

Quest’anno “Divine Ribelli” dedica uno Speciale tutto al femminile alla festa di Halloween. Di settima in settimana, fino al 31 ottobre, ci inoltreremo in alcuni tra i più inquietanti misteri storici che hanno per protagoniste le streghe.

Il primo appuntamento ci porta nell’antico borgo di Triora, per capire meglio cosa accadde tra il 1587 e il 1589, il periodo a cui risale uno dei casi di stregoneria più conosciuti e discussi ancora oggi.

Triora è spesso definita la “Salem italiana”; è sconcertante, infatti, il parallelismo tra le due vicende, almeno per quel che concerne la tragicità dei fatti e la violenta repressione delle presunte “streghe”, benché i due casi si siano svolti secondo dinamiche diverse e dal punto di vista cronologico li separi più di un secolo (il caso delle streghe di Salem avvenne nel 1692).

Cosa accadde davvero nel borgo ligure? Perché la scure dell’inquisizione si abbatté sui suoi abitanti?