martedì 7 aprile 2015

Intervista a Serena Fiandro

Un'intervista molto interessante quella di oggi. Oserei dire, per certi versi, illuminante.
 
Il blog ha il piacere di ospitare Serena Fiandro, scrittrice, poliedrica artista e curatrice della casa editrice I Doni delle Muse. Una realtà editoriale originale, eclettica con la quale ho avuto modo di pubblicare un racconto, contenuto nell'antologia "Fate. Storie di terra, acqua, fuoco e vento", osservando la serietà nel lavoro e la grande forza di volontà che accompagna l'amore per la creatività.
 
Buona lettura!

 
1) Parlaci un po’ di te. Da cosa ha avuto origine la passione per il canto, la musica, la scrittura e i miti? Cosa ti piace scrivere?
 
Innanzi tutto, grazie per l'ospitalità. La curiosità e l'interesse nei confronti di tutto ciò che riguarda il mondo dell'arte e della scrittura sono nati durante l'infanzia. Posso dirti che ho voluto imparare a cantare e suonare non appena ho scoperto l'esistenza della musica e negli stessi anni ho fatto i miei primi spettacoli teatrali, anche se poi il mio percorso artistico è stato piuttosto travagliato prima di scegliere in via definitiva lo studio e la pratica delle arti performative antiche. Per quello che riguarda la scrittura, ho iniziato a inventare storie prima ancora di imparare a leggere, anche se la decisione di fare della scrittura un lavoro è venuta intorno ai trent'anni, con il presentarsi di condizioni adeguate, costruite in molti anni di lavoro. Per quello che riguarda la narrativa, amo soprattutto il genere fantastico e la mia scrittura presenta influenze derivanti dalle mitologie indoeuropee, dalla storia antica, dalla letteratura medievale e dalla filosofia. Ho anche curato numerosi adattamenti di classici della letteratura, della mitologia e dell'epica, con la finalità di rendere tali testi più accessibili al pubblico.
 
 
2) Come è nata l’associazione culturale “I Doni delle Muse”? Qual è la vostra linea editoriale e come nasce?
 
L'associazione culturale è nata, in via informale, circa dieci anni fa per volontà di alcuni artisti e appassionati di filologia musicale e teatrale. Nel corso del tempo, il campo di interessi si è espanso anche nella direzione della letteratura, con particolare interesse nei confronti del periodo tra l'Antichità e il Rinascimento. Nel 2013 abbiamo deciso di costituirci in via ufficiale, affiancando all'attività divulgativa e alla produzione di spettacoli la pubblicazione di alcuni libri. Gli argomenti dei nostri libri sono strettamente connessi alle attività dell'associazione. Pubblichiamo romanzi storici, con particolare cura nei confronti dell'aspetto filologico, adattamenti divulgativi di classici della letteratura, libri di enogastronomia antica e romanzi fantasy in cui l'aspetto mitologico, storico e tradizionale rappresenta l'elemento predominante.
 
 
3) Cosa vuol dire essere curatrice di una casa editrice e pubblicare dei libri oggi, in questo particolare momento storico?
 
Sono due discorsi molto diversi. Mentirei se ti dicessi che essere curatrice è un lavoro
semplice: ormai si è fatto sempre più difficile e delicato in relazione al fatto che negli ultimi anni pubblicare è diventato, all'improvviso qualcosa alla portata di tutti. Il lavoro di cura del testo è stato messo in secondo piano rispetto alla velocità e all'approccio usa e getta nei confronti della pubblicazione. Il proliferare della cosiddetta vanity press e del selfpublishing, intesi come soddisfazione immediata della volontà di divulgare il proprio lavoro senza la minima preoccupazione nei confronti del fruitore finale, ha portato a una notevole confusione dei reciproci ruoli tra editore, curatore e autore nonché a un'idea consumistica e non artistica di cosa voglia dire pubblicare. Da questo, il rifiuto dell'editing, la mancata consapevolezza del ruolo pubblico dell'autore, l'idea dell'editore come mero erogatore di servizi da sfruttare e poi liquidare una volta che il testo è stato messo in commercio. Per quello che riguarda pubblicare libri in questo periodo, una difficoltà è sicuramente rappresentata dalla crisi economica. Lungi dal significare soltanto diminuzione del potere d'acquisto, questa ha portato con sé un devastante impoverimento culturale. Tutto ciò che ruota intorno all'arricchimento spirituale dell'individuo è stato relegato all'ultimo posto, attraverso un azzeramento dell'offerta culturale da parte degli enti istituzionali. Beni desiderabili e necessari sono divenuti solo beni di altra natura, di fruizione meramente materiale. La crisi non ha portato a una valorizzazione diversa del denaro: la gente spende ugualmente, troppo, ma solo per ciò che ritiene desiderabile e questo non include i libri. Tuttavia, proprio perché le condizioni sono così difficili, ritengo che ci sia ancora maggiore bisogno di libri e di proposte culturalmente valide. Da questo nasce la nostra incessante attività divulgativa, grazie alla quale stiamo ottenendo riscontri importanti.
 
 
4) Come selezionate i vostri autori?
 
Ci sono due modalità differenti: l'invio spontaneo (per i romanzi) e l'assegnazione di lavori editoriali previo invio di curriculum (per i classici e la saggistica enogastronomica). Per questa seconda attività la selezione si basa sulle competenze linguistiche, storiche e letterarie oltre che su eventuali altre pubblicazioni. Se parliamo degli invii spontanei, i manoscritti devono essere ottimi e tenerci incollati dall'inizio alla fine. Non pubblichiamo romanzi che ci soddisfano a metà. Le prime cose che guardiamo sono la nota biografica e la lettera di presentazione. Attraverso la lettera di presentazione, in particolare, comprendiamo la cura che è stata messa nella stesura dell'opera, la consapevolezza dell'autore circa il proprio lavoro e, soprattutto, la capacità dell'autore di raccontare il proprio lavoro a uno sconosciuto. Quest'ultimo punto è fondamentale perché gli eventi e le presentazioni rappresentano il cuore del nostro lavoro editoriale, ed è un requisito imprescindibile per noi che l'autore sappia parlare e presentarsi in pubblico. In generale preferiamo autori con una certa esperienza editoriale alle spalle: laddove questa non dovesse essere presente, l'autore deve comunque colpirci per qualche ragione. Imprescindibili sono inoltre l'accettazione di un serio lavoro di editing, la fiducia nei confronti del progetto editoriale e la condivisione dei nostri scopi divulgativi.
 
 
5) So che tu sei una ragazza molto attiva, curiosa e poliedrica. Quali sono le tue “fonti” principali, quelle con cui alimenti la tua creatività?
 

Credo che il principale vantaggio di sperimentare varie forme artistiche sia il fatto che queste tendono ad alimentarsi a vicenda, creando intersezioni e ispirazioni reciproche inaspettate. In realtà vedo che la differenza principale tra chi è creativo e chi non lo è consiste negli occhi con cui si osservano le cose. Per uno scrittore, ogni minima cosa può entrare a fare parte di una storia, così come per il musicista tutto confluisce nel suo lavoro. Basta guardare il mondo con attenzione.
 
 
6) Sei anche una scrittrice. Cos’è per te la scrittura e quando hai sentito, per la prima volta, l’istinto di esprimerti anche attraverso questa forma artistica?
 
Il passaggio dall'immaginazione alla scrittura è stato immediato. Dopo avere letto le fiabe e i testi mitologici, sono sempre rimasta insoddisfatta dalle storie narrate dagli altri, così ho pensato di inventarne di mie. Ho scritto la mia prima storia a sei anni, poi non ho più smesso.
 
 
7) Puoi fare un bilancio sulla tua attività di autrice e curatrice editoriale?
 
Sono due attività molto distanti l'una dall'altra, come possono esserlo il lavoro dell'attore e quello del regista. Diciamo che sono due punti di vista radicalmente differenti su attività simili. Devo però dire che lavorare a lungo e in modo minuzioso sui testi degli altri mi ha reso molto più facile essere obiettiva nel lavoro di riscrittura e revisione dei miei lavori. In generale, posso dirmi soddisfatta di entrambe le attività.
 
 
8) Cosa pensi delle “mode” letterarie? Credi che da queste possa nascere qualcosa di innovativo dal punto di vista letterario, oppure che siano solo “nuvole” destinate a passare?
 
No, non credo nell'innovazione fatta attraverso le mode. Alla fine, quello che resta ai lettori è
sempre ciò che trascende la tendenza del momento, valido ora come tra vent'anni.
 
 
9) Fino a che punto, secondo te, uno scrittore può osare nella narrazione di una storia e nell’elaborazione stilistica? Quanto conta, nella scrittura e nell’arte in generale la ribellione agli schemi e l’originalità? C’è un limite oltre il quale l’arte che nasce per distinguersi finisce per essere risucchiata, quasi paradossalmente, in una spirale di banalità?
 
Non credo troppo neppure nella sperimentazione narrativa e stilistica, perché spesso diviene esercizio fine a se stesso che perde di vista l'obiettivo finale: non dimostrare la propria bravura attraverso virtuosismi e innovazione, ma trovare un linguaggio comune con il lettore. Ritengo che il fallimento comunicativo sia una delle ragioni per cui la gente tende a leggere poco. È banale tutto ciò che risulta arido, erudizione ostentata e, in fondo, profonda povertà di contenuto. Perché il contenuto realmente importante non ha bisogno di eccessi, si nutre di parole semplici e precise.
 
 
10) Ci sono dei consigli che vorresti dare agli aspiranti scrittori?
 
Ai miei allievi dico sempre che scrivere bene è più facile e divertente di scrivere male. Ma la facilità e l'immediatezza sono conquiste che richiedono anni e anni di apprendistato. La fretta di finire, la fretta di pubblicare, l'ansia di compiacere gli altri sono pessime vie. Prendetevi tempo e non abbiate fretta di mandare il vostro libro in stampa.

 
Per saperne di più
 

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