sabato 22 settembre 2018

Recensione. Le assassine di Levone di Massimo Centini

La terribile storia della caccia alle streghe assomiglia a un calderone dal fondo oscuro, forse inesistente, in cui sopravvivono al tempo storie raccapriccianti di persecuzioni, processi, torture e roghi. Si tratta di un tema dalla vastissima bibliografia, ma sul quale c’è ancora tantissimo da dire. 

L’ombra della Santa Inquisizione non è diventata meno inquietante col trascorrere dei secoli, né la luce della ragione ha mai spento l’interesse nutrito e, prima ancora, il timore nei confronti della figura della strega, che ha subìto una evoluzione storica, letteraria, folkloristica e persino cinematografica. 

L’immaginario collettivo continua a essere attratto e, nello stesso tempo, a respingere il carisma occulto delle malefiche. I motivi per cui ciò è accaduto in passato e ancora oggi accade, sono tanti e mutano insieme al pensiero, agli inevitabili cambiamenti sociali, politici, economici. 

La strega non è solo il simbolo di una femminilità temuta, dai contorni oscuri e, a tratti, indefinibili, impossibile da imbrigliare eppure desiderata, ma anche capro espiatorio, una facile spiegazione, benché irrazionale, a ciò che non sembra avere un senso. 

Una soluzione irragionevole per qualcosa che è, o meglio, sembra altrettanto privo di logica (una carestia, l’alta percentuale di mortalità infantile, per esempio. Oggi, invece, sappiamo che tutto ciò è possibile e ne conosciamo le cause scientifiche al punto da poter ridurre notevolmente la possibilità che accadano simili tragedie). 

Proprio per il fascino e l’inquietudine che questa pagina oscura della Storia dell’uomo esercita su di noi e per la quantità di materiale a disposizione, è fondamentale la possibilità di potersi accostare a studi scientifici e rigorosi. Ricerche che evidenzino tanto i fatto storici, quanto la sorte, il dolore delle vittime senza indulgere nel sensazionalismo. 

Per fortuna vi sono molti saggi di questo tipo. Uno di questi è l’ultimo libro di Massimo Centini, “Le assassine di Levone”, edito da Yume Book. Se cercate un saggio storico, rigoroso, preciso, scientifico sia nella ricostruzione dei fatti che nello stile narrativo, scritto da uno studioso che affronta ogni tematica con un approccio altrettanto serio e puntuale, questo è il saggio che fa per voi. 


Vi consiglio di leggerlo e, per dirla tutta, vi consiglio di leggere tutte le opere di Centini. Un antropologo che non ha bisogno di presentazioni, perché i suoi scritti “parlano da soli”. Sono sempre molto contenta di avere tra le mani i suoi libri, ne ammiro la scrittura raffinata e mai banale, ma soprattutto la capacità di approfondire da punti di vista originali argomenti che talvolta vengono affrontati con un po’ troppa superficialità, oppure cadendo nella trappola del “già sentito” o, peggio, del pregiudizio.

 “Le assassine di Levone” è un saggio che, partendo dalla ricostruzione di un fatto realmente accaduto, ci racconta la storia dell’Inquisizione in Italia e anche lo sviluppo della figura della strega. Massimo Centini analizza il caso di quattro donne che, nel Piemonte del 1474, vennero accusate di praticare sortilegi, di aver, quindi, rinnegato la fede cristiana ed essersi macchiate degli omicidi di un gran numero di bambini.

Dopo un’introduzione che ci consente di entrare nell’antico mondo di queste presunte streghe, in bilico tra potere (dell’Inquisizione, dei nobili) e superstizione (non solo contadina), vengono analizzati i concetti di criminalità, stregoneria, eresia e patologia sociale, cercando di capire quale sia il legame tra essi. 

In effetti la figura della strega non può essere studiata dimenticando il nesso tra questa e i tipi di ambiente in cui crebbe e si sviluppò la convinzione che degli esseri umani potessero controllare, con la magia e un rapporto contro natura con il diavolo, le vite degli altri.

È fondamentale comprendere e conoscere il contesto storico (anzi, in realtà vi sono più contesti storici, sociali e politici, dato che la persecuzione ai danni delle streghe abbraccia un ampio lasso di tempo, dilagando ben oltre l’Italia in tempi e modi diversi). Il saggio prosegue con una minuziosa descrizione dei capi d’accusa, riportando le trascrizioni originali contenute negli atti del processo. 

In queste trascrizioni ricorre una frase che dovrebbe farci riflettere: “E ciò esser vero, notorio e manifesto, come dimostrano la fama e voce pubblica”. Le accuse diventano reali, vere, evidenti perché ve ne è testimonianza. Noi, però, sappiamo che oggi, la nostra legge richiede non solo delle voci intese come testimonianza (non illazioni, non delazioni), ma prove certe, verificabili. (Certo, anche così il rischio di commettere errori esiste, non si tratta di un sistema perfetto, ma al momento è il migliore, pur nelle sue ovvie differenze di attuazione da Paese a Paese).

Nel caso delle streghe di Levone, invece, (come nella stragrande maggioranza dei processi per stregoneria), la “voce pubblica” e la delazione bastavano per incriminare una persona e rovinare (anche economicamente), la sua famiglia. 

Alla superstizione, dunque, si aggiungeva il timore verso chi deteneva il potere. Una miscela esplosiva, insomma. Il saggio prosegue spiegandoci in cosa, effettivamente, consistevano le accuse di stregoneria, analizzando il concetto di “rapporto con il demonio”, di “magia”, “stregoneria”, di “veleno, pozione” e di “sabba”. 

Questi concetti vengono studiati su due piani che si incrociano, ovvero quello relativo alle assassine di Levone e quello attinente alla storia, all’evoluzione nel significato di queste parole così cariche di dolore e superstizione. Dal particolare si va verso il generale, approfondendo, così, non solo il caso in esame, ma anche la triste storia dell’Inquisizione.

La fine del processo, poi, ci lascia la certezza che la giustizia, a quel tempo, fosse ostaggio della voce popolare e della superstizione, che il caso non fosse davvero chiuso, poiché la strega, con un altro nome, un altro viso, sarebbe tornata a bussare ai cuori di quegli uomini che, parafrasando Voltaire, proprio non volevano saperne di smettere di bruciarla. 

Nel libro, oltre alla cartina del luogo in cui si svolsero i fatti, vi sono anche delle foto degli atti del processo, dei luoghi frequentati dalle presunte streghe e di celebri dipinti e incisioni. Questa parte è davvero interessante, perché ci consente di vedere i posti in cui si consumò la tragedia delle “Assassine di Levone”, di immaginare ciò che per alcuni fu verità senza ombra di dubbio, entrando ancora di più con la mente e con l’animo in questa vicenda. 

È il momento, per me, di lasciarvi alla lettura e, per voi, di chiudere questa pagina, staccarvi da Internet ed entrare nel mondo oscuro delle “Le assassine di Levone”. 


Il libro

Titolo: Le assassine di Levone 

Autore: Massimo Centini 

Casa editrice: Yume Book 

Anno di pubblicazione: 2017 

Pagine: 175 

Prezzo: 15 euro 







Sinossi

 l caso ebbe un inizio giuridico nell’agosto 1474, quando, nel castello di Rivara, il Tribunale dell’Inquisizione istruì il processo a carico di “Antonia, moglie di Antonio De Alberto; Francesca, moglie di Giacomo Viglone; Bonaveria, moglie di Antonio Viglone; Margarota, moglie del fu Antonio Braya”. Le imputate furono accusate di “malefizi, incantesimi, stregherie, eresie, venefizi, omicidio e prevaricazioni della fede”. Massimo Centini svolge in questo libro un’indagine approfondita sugli avvenimenti, sulle prove, sulla storia delle vittime e su quanto è effettivamente accaduto nella vicenda che ancora oggi rappresenta un unicum nel panorama piemontese. (Tratto dal sito della casa editrice Yume Book).


L’autore

Massimo Centini è nato a Torino nel 1955. Laureato in Antropologia Culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Si è rivolto in più occasioni alla tradizione popolare, dedicandole ricerche e studi pubblicati con numerosi editori italiani (Mondadori, Rusconi, Newton & Compton, San Paolo, Accademia Vis Vitalis e altri). Ha insegnato Storia della Criminologia al M.U.A. di Bolzano ed è docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino. (Tratto dalla quarta di copertina). 


Per saperne di più

La pagina dedicata al libro sul sito della casa editrice Yume Book

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