L’agghiacciante vicenda che ebbe come teatro i bassifondi della Londra vittoriana, nello specifico la tristemente nota Whitechapel dell’East End non ha un solo protagonista, ovvero quello che noi tutti conosciamo come Jack lo Squartatore.
Attrici principali di una tragedia che di certo non volevano recitare furono anche le prostitute vittime di questo mostro ancora senza identità. Donne che non avevano davvero alcuna colpa se non quella di trovarsi nel momento sbagliato in un luogo ancor più sbagliato a condurre una vita fatta di sofferenze e povertà. Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes, Mary Jane Kelly e, chissà, forse altre sfortunate la cui sorte non si riuscì a ricollegare, per vari motivi, allo Squartatore, divennero loro malgrado protagoniste di una morte atroce che le avrebbe consegnate alla storia della criminologia insieme al loro carnefice.
Su Jack lo Squartatore si è detto tutto e il contrario di tutto, non sono mancate opere di un certo spessore come quella della celebre Patricia Cornwell, “Ritratto di un assassino. Jack lo Squartatore – Caso chiuso” (analizzata alla perfezione nel saggio che vi propongo oggi) che, purtroppo, ha la non indifferente pecca di poggiare le basi delle ipotesi su un terreno piuttosto friabile.
Film, romanzi, racconti, teorie su teorie che, ci piaccia o meno, un riscontro assoluto forse non lo avranno mai. Pare, insomma, che il folle "Jack" sia riuscito a compiere dei delitti talmente perfetti da smentire perfino Hitchcock, prima ancora che questi potesse esprimere il concetto a causa di un ovvio divario cronologico.
Non solo: gli orrendi omicidi di Whitechapel sembrano, ormai, essere destinati più ai film o ai libri horror che alla seria indagine criminologica e, dunque, scientifica. In effetti stiamo parlando di una storia così sinistra, talmente feroce che la mente si rifiuta di ritenerla reale.
Riflettiamo: la Londra cupa, austera, in cui la ricchezza e l’opulenza guardavano dritto negli occhi la miseria e le turpitudini e in cui operava "Jack" è molto simile alla Londra in cui, non molti anni dopo, l’immaginazione di una bravissima scrittrice farà planare la fata (o strega?) di nome Mary Poppins, accompagnata dal suo ombrello magico, destinazione Viale dei Ciliegi 17 (Viale dei Ciliegi e Whitechapel: i nomi possono essere talmente rassicuranti, in grado di celare davvero dei mondi staccati dalla realtà, o che sembrano tali).
Insomma è necessario fare ordine nel caos di teorie e rimandi, basarci sui fatti, ricostruire la vera storia di Jack lo Squartatore, pur sapendo che non è ancora possibile scrivere la parola fine. Proprio questo è il compito dell’esauriente e inquietante (per il tema trattato) saggio di Massimo Centini, “Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore”, edito da Yume Book.
L’opera parte dai pochi ma importanti punti fermi, gli unici a disposizione: il modus operandi di Jack lo Squartatore, dopo analisi dal punto di vista psicologico e criminologico, ha indotto gli studiosi ad annoverarlo tra i serial killer. I delitti compiuti furono, come abbiamo già accennato, caratterizzati da inaudita violenza, lo scempio dei corpi è ancora oggi sotto i nostri occhi grazie alle foto e alle illustrazioni d’epoca, generando quel senso di paura e impotenza che l’opinione pubblica ha condensato nel termine “mostro”.
Questi orrori, però, vennero compiuti con una freddezza e una precisione tali da indurre investigatori e criminologici a ritenere che l’assassino avesse buone conoscenze di anatomia e potesse perfino essere un medico.
La cornice dei fatti fu la Londra vittoriana di fine Ottocento, 1888 per la precisazione, bigotta, ipocrita e paternalista. Le vittime erano prostitute, donne povere e sopraffate da una società che le teneva ai margini e si guardava bene dal tentare di risolvere tristi situazioni sociali perfino quando, inconsapevolmente, l’assassino di Whitechapel scoperchiò il Vaso di Pandora nell’East End, come sottolinea Massimo Centini.
Partendo da questi fatti l’autore descrive il luogo degli omicidi e la società che, in qualche modo, ha permesso che avvenissero. Poi analizza in maniera particolareggiata ma mai volgare o truculenta tutti gli omicidi avvenuti per mano di "Jack", caso per caso.
La narrazione, però, non resta confinata a questo pezzo fondamentale di storia della criminologia, ma prosegue, si allarga con alcune domande a cui Centini dà risposte esaustive, abbracciando le teorie portanti della criminologia moderna: chi è un serial killer? Quali sono le discriminanti che consentono di annoverare un omicida in questa categoria? Quali sono le motivazioni che spingono a compiere atti del genere? Qual è l’identikit tipo del serial killer? Come opera? E’ sempre possibile considerarlo un folle? Qual è la definizione di mostro e di diverso?
Da qui Centini analizza altri celebri casi di assassini seriali come, per esempio, quello del mostro di Firenze, una vicenda che sconvolse l’Italia e ancora adesso mette i brividi. In ambiti come questo la diversità è negativa, oscura, diventa devianza, patologia, ma non tutti quelli che furono chiamati “mostri” e per questo motivo ostracizzati dalla società, furono esempi di male assoluto. Al contrario.
Nel saggio l'autore riporta la storia di un giovane che sono stata contenta di ritrovare e rileggere; quella dell’uomo “elefante” Joseph Merrick (1862-1890) contemporaneo del malefico Jack. Dico questo perché conosco bene la storia di Joseph; lo “incontrai” per la prima volta attraverso il film di David Linch (1980) e provai per lui una tenerezza infinita, la stessa che mi ha accompagnato quando ho cercato notizie sulla sua vita e che mi accompagna ancora oggi quando risento il suo nome. Merrick fu vittima due volte: della malattia che lo aveva reso irriconoscibile e dell’umanità che non riesce a guardare quasi mai oltre le apparenze, ma deve etichettare tutto, persino ciò che non può essere catalogato, soprattutto ciò che le fa paura perché “diverso”.
La storia di "Jack" e quella di Joseph sono speculari in un certo senso: il primo è un mostro perché commette il male, ma è imprendibile, un’ombra che fa paura perché ignota, oltre che brutale. Il secondo è bollato come mostro pur non avendo mai commesso azioni contro la collettività, in grado di incutere terrore perché la sua deformità è evidente, la sua figura tangibile nella diversità fisica.
Centini, però, non si ferma a questa analisi, ma ci spiega quanto termini come serial killer o, appunto, mostro debbano essere applicati dopo un’attenta valutazione fatta caso per caso, poiché ogni assassino ha particolarità, manie e personalità non sempre riconducibili a parametri e categorie “standard”; parliamo di definizioni “mobili”, in continua evoluzione insieme alla scienza e per questo impossibili da ingabbiare in “cassetti” di singole discipline poi messi a far polvere dentro qualche antico studio universitario altrettanto polveroso.
Il saggio prende in considerazione le teorie sull’identità dello Squartatore, gli errori nelle indagini e le finte piste (un punto nodale furono le lettere inviate, forse, dall’assassino alla polizia) e gli immancabili, purtroppo, emulatori.
“Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore” è un libro completo, ideale per chi vuole davvero andare oltre la grande confusione che infittisce ancora di più il mistero di Whitechapel, liberarsi di stereotipi e capire davvero cosa accade.
Lo stile è asciutto, diretto, mai scontato né “facile”, frutto della vera ricerca, del grande lavoro sulle fonti che si trasforma in assoluta padronanza dell’argomento e nel tono divulgativo ma non banale, nella bravura e nella cura del testo che sono la firma di Massimo Centini.
L’unica cosa che manca è la conclusione: sì, perché noi non sappiamo chi uccise le prostitute di Whitechapel e c’è il serio rischio che nessuno lo sappia mai.
La storia è, purtroppo, incompleta e questo non fa che rendere l’enigma ancora più inquietante.
“Jack” ormai è morto ma, sarà una mia personalissima suggestione, ho come l’impressione che, ovunque sia ora, se la stia ridendo alla grande, con malignità, ogni volta che ci osserva fare congetture o leggere libri su di lui, unico custode di una macabra verità che lo ha reso, purtroppo, immortale.
Il Libro
Titolo: Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore
Autore: Massimo Centini
Casa editrice: Yume Book
Pagine: 160
Prezzo: 15 euro
Anno di pubblicazione: 2014
Sinossi
Autunno 1888, un serial killer chiamato Jack lo Squartatore infuria nel quartiere londinese di Whitechapel. I brutali omicidi si susseguono e i giornali ne parlano a lungo, spuntano lettere scritte dal presunto assassino ma, in quello che è stato il caso irrisolto più conosciuto al mondo, l'identità del "mostro" rimarrà sconosciuta. Massimo Centini indaga tra i documenti e racconta una storia raccapricciante, senza tralasciare le teorie più suggestive e inquietanti, frutto di ipotesi formulate grazie alle tecniche più moderne; senza dimenticare i profili realizzati dall'FBI e gli studi sul DNA, fino ad arrivare a proporre la possibile identità del killer.
L’Autore
Massimo Centini è nato a Torino nel 1955. Laureato in Antropologia culturale presso la facoltà di Lettere e Filosofia della sua città, ha pubblicato vari libri con Vis Vitalis, alcuni dei quali allegati al quotidiano La Stampa. Autore di numerosi saggi per case editrici nazionali (Mondadori, Newton & Compton, Piemme, La Stampa e altri), ha al suo attivo alcuni volumi tradotti in varie lingue. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino, insegna “Storia della criminologia” ai master organizzati da MUA – Movimento Universitario Altoatesino – di Bolzano.
Per saperne di più
La pagina Fb della casa editrice Yume Book.
La pagina dedicata al saggio sul sito della Yume Book.
Attrici principali di una tragedia che di certo non volevano recitare furono anche le prostitute vittime di questo mostro ancora senza identità. Donne che non avevano davvero alcuna colpa se non quella di trovarsi nel momento sbagliato in un luogo ancor più sbagliato a condurre una vita fatta di sofferenze e povertà. Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes, Mary Jane Kelly e, chissà, forse altre sfortunate la cui sorte non si riuscì a ricollegare, per vari motivi, allo Squartatore, divennero loro malgrado protagoniste di una morte atroce che le avrebbe consegnate alla storia della criminologia insieme al loro carnefice.
Su Jack lo Squartatore si è detto tutto e il contrario di tutto, non sono mancate opere di un certo spessore come quella della celebre Patricia Cornwell, “Ritratto di un assassino. Jack lo Squartatore – Caso chiuso” (analizzata alla perfezione nel saggio che vi propongo oggi) che, purtroppo, ha la non indifferente pecca di poggiare le basi delle ipotesi su un terreno piuttosto friabile.
Film, romanzi, racconti, teorie su teorie che, ci piaccia o meno, un riscontro assoluto forse non lo avranno mai. Pare, insomma, che il folle "Jack" sia riuscito a compiere dei delitti talmente perfetti da smentire perfino Hitchcock, prima ancora che questi potesse esprimere il concetto a causa di un ovvio divario cronologico.
Non solo: gli orrendi omicidi di Whitechapel sembrano, ormai, essere destinati più ai film o ai libri horror che alla seria indagine criminologica e, dunque, scientifica. In effetti stiamo parlando di una storia così sinistra, talmente feroce che la mente si rifiuta di ritenerla reale.
Riflettiamo: la Londra cupa, austera, in cui la ricchezza e l’opulenza guardavano dritto negli occhi la miseria e le turpitudini e in cui operava "Jack" è molto simile alla Londra in cui, non molti anni dopo, l’immaginazione di una bravissima scrittrice farà planare la fata (o strega?) di nome Mary Poppins, accompagnata dal suo ombrello magico, destinazione Viale dei Ciliegi 17 (Viale dei Ciliegi e Whitechapel: i nomi possono essere talmente rassicuranti, in grado di celare davvero dei mondi staccati dalla realtà, o che sembrano tali).
Insomma è necessario fare ordine nel caos di teorie e rimandi, basarci sui fatti, ricostruire la vera storia di Jack lo Squartatore, pur sapendo che non è ancora possibile scrivere la parola fine. Proprio questo è il compito dell’esauriente e inquietante (per il tema trattato) saggio di Massimo Centini, “Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore”, edito da Yume Book.
L’opera parte dai pochi ma importanti punti fermi, gli unici a disposizione: il modus operandi di Jack lo Squartatore, dopo analisi dal punto di vista psicologico e criminologico, ha indotto gli studiosi ad annoverarlo tra i serial killer. I delitti compiuti furono, come abbiamo già accennato, caratterizzati da inaudita violenza, lo scempio dei corpi è ancora oggi sotto i nostri occhi grazie alle foto e alle illustrazioni d’epoca, generando quel senso di paura e impotenza che l’opinione pubblica ha condensato nel termine “mostro”.
Questi orrori, però, vennero compiuti con una freddezza e una precisione tali da indurre investigatori e criminologici a ritenere che l’assassino avesse buone conoscenze di anatomia e potesse perfino essere un medico.
La cornice dei fatti fu la Londra vittoriana di fine Ottocento, 1888 per la precisazione, bigotta, ipocrita e paternalista. Le vittime erano prostitute, donne povere e sopraffate da una società che le teneva ai margini e si guardava bene dal tentare di risolvere tristi situazioni sociali perfino quando, inconsapevolmente, l’assassino di Whitechapel scoperchiò il Vaso di Pandora nell’East End, come sottolinea Massimo Centini.
Partendo da questi fatti l’autore descrive il luogo degli omicidi e la società che, in qualche modo, ha permesso che avvenissero. Poi analizza in maniera particolareggiata ma mai volgare o truculenta tutti gli omicidi avvenuti per mano di "Jack", caso per caso.
La narrazione, però, non resta confinata a questo pezzo fondamentale di storia della criminologia, ma prosegue, si allarga con alcune domande a cui Centini dà risposte esaustive, abbracciando le teorie portanti della criminologia moderna: chi è un serial killer? Quali sono le discriminanti che consentono di annoverare un omicida in questa categoria? Quali sono le motivazioni che spingono a compiere atti del genere? Qual è l’identikit tipo del serial killer? Come opera? E’ sempre possibile considerarlo un folle? Qual è la definizione di mostro e di diverso?
Da qui Centini analizza altri celebri casi di assassini seriali come, per esempio, quello del mostro di Firenze, una vicenda che sconvolse l’Italia e ancora adesso mette i brividi. In ambiti come questo la diversità è negativa, oscura, diventa devianza, patologia, ma non tutti quelli che furono chiamati “mostri” e per questo motivo ostracizzati dalla società, furono esempi di male assoluto. Al contrario.
Nel saggio l'autore riporta la storia di un giovane che sono stata contenta di ritrovare e rileggere; quella dell’uomo “elefante” Joseph Merrick (1862-1890) contemporaneo del malefico Jack. Dico questo perché conosco bene la storia di Joseph; lo “incontrai” per la prima volta attraverso il film di David Linch (1980) e provai per lui una tenerezza infinita, la stessa che mi ha accompagnato quando ho cercato notizie sulla sua vita e che mi accompagna ancora oggi quando risento il suo nome. Merrick fu vittima due volte: della malattia che lo aveva reso irriconoscibile e dell’umanità che non riesce a guardare quasi mai oltre le apparenze, ma deve etichettare tutto, persino ciò che non può essere catalogato, soprattutto ciò che le fa paura perché “diverso”.
La storia di "Jack" e quella di Joseph sono speculari in un certo senso: il primo è un mostro perché commette il male, ma è imprendibile, un’ombra che fa paura perché ignota, oltre che brutale. Il secondo è bollato come mostro pur non avendo mai commesso azioni contro la collettività, in grado di incutere terrore perché la sua deformità è evidente, la sua figura tangibile nella diversità fisica.
Centini, però, non si ferma a questa analisi, ma ci spiega quanto termini come serial killer o, appunto, mostro debbano essere applicati dopo un’attenta valutazione fatta caso per caso, poiché ogni assassino ha particolarità, manie e personalità non sempre riconducibili a parametri e categorie “standard”; parliamo di definizioni “mobili”, in continua evoluzione insieme alla scienza e per questo impossibili da ingabbiare in “cassetti” di singole discipline poi messi a far polvere dentro qualche antico studio universitario altrettanto polveroso.
Il saggio prende in considerazione le teorie sull’identità dello Squartatore, gli errori nelle indagini e le finte piste (un punto nodale furono le lettere inviate, forse, dall’assassino alla polizia) e gli immancabili, purtroppo, emulatori.
“Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore” è un libro completo, ideale per chi vuole davvero andare oltre la grande confusione che infittisce ancora di più il mistero di Whitechapel, liberarsi di stereotipi e capire davvero cosa accade.
Lo stile è asciutto, diretto, mai scontato né “facile”, frutto della vera ricerca, del grande lavoro sulle fonti che si trasforma in assoluta padronanza dell’argomento e nel tono divulgativo ma non banale, nella bravura e nella cura del testo che sono la firma di Massimo Centini.
L’unica cosa che manca è la conclusione: sì, perché noi non sappiamo chi uccise le prostitute di Whitechapel e c’è il serio rischio che nessuno lo sappia mai.
La storia è, purtroppo, incompleta e questo non fa che rendere l’enigma ancora più inquietante.
“Jack” ormai è morto ma, sarà una mia personalissima suggestione, ho come l’impressione che, ovunque sia ora, se la stia ridendo alla grande, con malignità, ogni volta che ci osserva fare congetture o leggere libri su di lui, unico custode di una macabra verità che lo ha reso, purtroppo, immortale.
Il Libro
Titolo: Il killer delle prostitute. Indagine su Jack lo Squartatore
Autore: Massimo Centini
Casa editrice: Yume Book
Pagine: 160
Prezzo: 15 euro
Anno di pubblicazione: 2014
Sinossi
Autunno 1888, un serial killer chiamato Jack lo Squartatore infuria nel quartiere londinese di Whitechapel. I brutali omicidi si susseguono e i giornali ne parlano a lungo, spuntano lettere scritte dal presunto assassino ma, in quello che è stato il caso irrisolto più conosciuto al mondo, l'identità del "mostro" rimarrà sconosciuta. Massimo Centini indaga tra i documenti e racconta una storia raccapricciante, senza tralasciare le teorie più suggestive e inquietanti, frutto di ipotesi formulate grazie alle tecniche più moderne; senza dimenticare i profili realizzati dall'FBI e gli studi sul DNA, fino ad arrivare a proporre la possibile identità del killer.
L’Autore
Massimo Centini è nato a Torino nel 1955. Laureato in Antropologia culturale presso la facoltà di Lettere e Filosofia della sua città, ha pubblicato vari libri con Vis Vitalis, alcuni dei quali allegati al quotidiano La Stampa. Autore di numerosi saggi per case editrici nazionali (Mondadori, Newton & Compton, Piemme, La Stampa e altri), ha al suo attivo alcuni volumi tradotti in varie lingue. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino, insegna “Storia della criminologia” ai master organizzati da MUA – Movimento Universitario Altoatesino – di Bolzano.
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