Quando pensiamo all’India le prime immagini che si presentano davanti agli occhi della mente sono quelle di un luogo esotico, lontano, misterioso, inafferrabile, di sari dai colori sgargianti, di divinità che hanno resistito alla trasformazione della società e dei celebri film di Bollywood che, però, spesso dipingono un ritratto stereotipato di una nazione che non si può definire con una sola parola o un solo concetto.
L’India non ha una sola anima, ma molte, forse tante quante sono gli dei che, ben protetti nel loro pantheon intoccabile, osservano la vita quotidiana degli uomini. Allo stesso modo l’India racchiude in sé tante contraddizioni, ognuna riconducibile a una precisa essenza o anima. Raccontare tutte queste realtà, dunque, è un’impresa ancora più difficile; bisogna evitare di cadere nei luoghi comuni e di rimanere intrappolati nei cliché.
Eppure non è impossibile. Shumona Sinha, scrittrice indiana che si serve della lingua francese per descrivere i tanti volti dell’India, ci è riuscita tornando indietro nel tempo, alle origini della sua famiglia e di se stessa.
Il romanzo “Calcutta” (Clichy Edizioni) è un vero gioiello letterario, la scoperta di un piccolo tesoro che chiunque ami l’India dovrebbe leggere e al quale dovrebbero accostarsi anche e soprattutto quelli che non sanno nulla di questo Paese, o preferiscono la visione “pigra”, più “folkloristica” di cui spesso si abusa.
Da tempo speravo di leggere un romanzo dallo stile così poetico ed elegante, che sollevasse i mille sari indossati da questa potente nazione, in costante ascesa economica, per mostrare la vita vera, quella delle strade polverose, delle lotte politiche, del sacrificio di un popolo per l’indipendenza, dei profumi di spezie che si fondono con il sudore degli uomini che sperano in un futuro migliore.
Da anni speravo di poter guardare l’India che smette di ballare sui ritmi trascinanti dei film di Bollywood (che pure amo molto) per farmi ascoltare il suono dei clacson impazziti per le strade, le voci dei bambini nei cortili, persino la disperazione di chi non ha nulla e le grida di chi ritiene di avere la verità in mano.
In questo libro le vere protagoniste sono donne; tutto inizia dalla giovane Trisha, che torna nella casa natia per assistere alla cremazione del padre. Non è più abituata ai suoni e alle immagini dell’India più profonda in cui è cresciuta. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia la destabilizza, disorienta la “bussola esistenziale” che credeva fosse irrimediabilmente ferma sull’età adulta.
Trisha, allora, inizia a vivere di nuovo, a “respirare” la sua casa, andando indietro nel tempo attraverso i ricordi e i racconti delle vite della madre, della nonna e della bisnonna. Dall’epoca odierna alla colonizzazione, dal boom economico al potere di Indira Gandhi, fino al Mahatma Gandhi.
Decenni di cambiamenti improvvisi e inaspettati, di lotte mai davvero concluse tra indù e musulmani, di fanatismo, di odio profondo tra fazioni religiose e politiche. Shumona Sinha lascia intravedere la Storia attraverso le storie che hanno costruito il passato familiare di Trisha; quest’ultima altri non è che l’autrice stessa o, comunque, la sua anima indiana che convive con quella francese.
La struttura del romanzo ricorda molto la forma di una spirale il cui centro si allontana man mano che ci inoltriamo nella vicenda, poiché non vi è una fine, bensì un eterno scorrere del tempo a ritroso. Possiamo solo immaginare tale eternità la quale, ovviamente, non può essere rinchiusa in un romanzo, ma rappresenta una costante dei destini di ognuno di noi, tanto della nostra ascendenza quanto della nostra discendenza.
Oppure possiamo vedere le storie di queste donne come il cerchio delle esistenze, in cui tutto nasce e muore, ogni cosa, alla fine, torna all’ordine naturale. Sono, infatti, suddivise in capitoli che sembrano dei veri e propri racconti, ma legati uno all’altro come pezzi di un puzzle il cui senso sta nel tutto e non nella singola parte, benché finita. La madre di Trisha, Urmila, è una donna bellissima e malinconica.
Tanto intelligente e brillante quanto solitaria, scostante, chiusa in guscio che si è costruita da sola e nel quale si ripara quando la malinconia torna a farle visita. La sua famiglia la crede pazza, ma il marito, Shankhya, padre di Trisha, la ama nonostante tutto. In realtà Urmila ha il male di vivere e nulla, neppure l’amore per la figlia o la paura per il coniuge, attivista politico tra le file del comunismo, in opposizione al potere centrale, riescono a ridestarla dai lunghi momenti di torpore.
La nonna paterna di Trisha, Annapurna, ha un legame speciale con Shankhya, il preferito tra i figli. Lo guarda crescere, nutrendo nei suoi confronti le speranze di un futuro brillante. Annapurna è una donna determinata, che non si è rassegnata alla morte del marito e alla povertà, né ha voluto seguire la tradizione che relega le vedove ai margini della società.
Ashanti, la madre di Annapurna, è il personaggio più affascinante del libro. Anche lei è rimasta vedova, ma non si è piegata al destino, scegliendo di diventare una cortigiana. Incontra il potente Bijendramohan Chowdry e tra i due scoppia la passione. Ashanti, però, capisce ben presto che il suo amore profondo e paziente non è ricambiato. Il suo orgoglio ferito non le consente più di aspettare un uomo che non la vuole davvero e, ancora una volta, la stupenda cortigiana sceglie da sola il corso da dare a un’esistenza che troppe volte l’ha messa alla prova.
Su Trisha, Urmila, Annapurna e Ashanti veglia una figura femminile, una “madre” che lascia scorrere su di sé i giorni, la felicità e la tristezza dei suoi figli: Calcutta, la città protagonista dell’intero romanzo.
Calcutta è presente non solo quando Shumona Sinha ce la descrive con fierezza, in dettaglio, facendoci perfino respirare gli odori delle strade o dell’interno delle case; la città simbolo dell’India traspare dai sentimenti dei personaggi, dalle loro azioni, dai cambiamenti storici e politici.
Calcutta è sempre lì, a chiudere il cerchio delle storie e delle donne della famiglia di Trisha. E’ un microcosmo racchiuso nel ventre di un’altra madre, l’India, altra essenza femminile. Sono questi luoghi a dare respiro, linfa vitale tanto ai personaggi quanto alle loro vicissitudini.
“Calcutta” è un romanzo straordinario, scritto da una poetessa della vita, una acuta osservatrice del mondo che scrive per immagini, colori, suoni e profumi. Amerete questo libro fin dalle prime pagine, ma ricordate di leggerlo con lo stesso amore che si riserva a una madre, o a alla nazione che è culla dei nostri giorni e delle nostre scelte.
L’India non ha una sola anima, ma molte, forse tante quante sono gli dei che, ben protetti nel loro pantheon intoccabile, osservano la vita quotidiana degli uomini. Allo stesso modo l’India racchiude in sé tante contraddizioni, ognuna riconducibile a una precisa essenza o anima. Raccontare tutte queste realtà, dunque, è un’impresa ancora più difficile; bisogna evitare di cadere nei luoghi comuni e di rimanere intrappolati nei cliché.
Eppure non è impossibile. Shumona Sinha, scrittrice indiana che si serve della lingua francese per descrivere i tanti volti dell’India, ci è riuscita tornando indietro nel tempo, alle origini della sua famiglia e di se stessa.
Il romanzo “Calcutta” (Clichy Edizioni) è un vero gioiello letterario, la scoperta di un piccolo tesoro che chiunque ami l’India dovrebbe leggere e al quale dovrebbero accostarsi anche e soprattutto quelli che non sanno nulla di questo Paese, o preferiscono la visione “pigra”, più “folkloristica” di cui spesso si abusa.
Da tempo speravo di leggere un romanzo dallo stile così poetico ed elegante, che sollevasse i mille sari indossati da questa potente nazione, in costante ascesa economica, per mostrare la vita vera, quella delle strade polverose, delle lotte politiche, del sacrificio di un popolo per l’indipendenza, dei profumi di spezie che si fondono con il sudore degli uomini che sperano in un futuro migliore.
Da anni speravo di poter guardare l’India che smette di ballare sui ritmi trascinanti dei film di Bollywood (che pure amo molto) per farmi ascoltare il suono dei clacson impazziti per le strade, le voci dei bambini nei cortili, persino la disperazione di chi non ha nulla e le grida di chi ritiene di avere la verità in mano.
In questo libro le vere protagoniste sono donne; tutto inizia dalla giovane Trisha, che torna nella casa natia per assistere alla cremazione del padre. Non è più abituata ai suoni e alle immagini dell’India più profonda in cui è cresciuta. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia la destabilizza, disorienta la “bussola esistenziale” che credeva fosse irrimediabilmente ferma sull’età adulta.
Trisha, allora, inizia a vivere di nuovo, a “respirare” la sua casa, andando indietro nel tempo attraverso i ricordi e i racconti delle vite della madre, della nonna e della bisnonna. Dall’epoca odierna alla colonizzazione, dal boom economico al potere di Indira Gandhi, fino al Mahatma Gandhi.
Decenni di cambiamenti improvvisi e inaspettati, di lotte mai davvero concluse tra indù e musulmani, di fanatismo, di odio profondo tra fazioni religiose e politiche. Shumona Sinha lascia intravedere la Storia attraverso le storie che hanno costruito il passato familiare di Trisha; quest’ultima altri non è che l’autrice stessa o, comunque, la sua anima indiana che convive con quella francese.
La struttura del romanzo ricorda molto la forma di una spirale il cui centro si allontana man mano che ci inoltriamo nella vicenda, poiché non vi è una fine, bensì un eterno scorrere del tempo a ritroso. Possiamo solo immaginare tale eternità la quale, ovviamente, non può essere rinchiusa in un romanzo, ma rappresenta una costante dei destini di ognuno di noi, tanto della nostra ascendenza quanto della nostra discendenza.
Oppure possiamo vedere le storie di queste donne come il cerchio delle esistenze, in cui tutto nasce e muore, ogni cosa, alla fine, torna all’ordine naturale. Sono, infatti, suddivise in capitoli che sembrano dei veri e propri racconti, ma legati uno all’altro come pezzi di un puzzle il cui senso sta nel tutto e non nella singola parte, benché finita. La madre di Trisha, Urmila, è una donna bellissima e malinconica.
Tanto intelligente e brillante quanto solitaria, scostante, chiusa in guscio che si è costruita da sola e nel quale si ripara quando la malinconia torna a farle visita. La sua famiglia la crede pazza, ma il marito, Shankhya, padre di Trisha, la ama nonostante tutto. In realtà Urmila ha il male di vivere e nulla, neppure l’amore per la figlia o la paura per il coniuge, attivista politico tra le file del comunismo, in opposizione al potere centrale, riescono a ridestarla dai lunghi momenti di torpore.
La nonna paterna di Trisha, Annapurna, ha un legame speciale con Shankhya, il preferito tra i figli. Lo guarda crescere, nutrendo nei suoi confronti le speranze di un futuro brillante. Annapurna è una donna determinata, che non si è rassegnata alla morte del marito e alla povertà, né ha voluto seguire la tradizione che relega le vedove ai margini della società.
Ashanti, la madre di Annapurna, è il personaggio più affascinante del libro. Anche lei è rimasta vedova, ma non si è piegata al destino, scegliendo di diventare una cortigiana. Incontra il potente Bijendramohan Chowdry e tra i due scoppia la passione. Ashanti, però, capisce ben presto che il suo amore profondo e paziente non è ricambiato. Il suo orgoglio ferito non le consente più di aspettare un uomo che non la vuole davvero e, ancora una volta, la stupenda cortigiana sceglie da sola il corso da dare a un’esistenza che troppe volte l’ha messa alla prova.
Su Trisha, Urmila, Annapurna e Ashanti veglia una figura femminile, una “madre” che lascia scorrere su di sé i giorni, la felicità e la tristezza dei suoi figli: Calcutta, la città protagonista dell’intero romanzo.
Calcutta è presente non solo quando Shumona Sinha ce la descrive con fierezza, in dettaglio, facendoci perfino respirare gli odori delle strade o dell’interno delle case; la città simbolo dell’India traspare dai sentimenti dei personaggi, dalle loro azioni, dai cambiamenti storici e politici.
Calcutta è sempre lì, a chiudere il cerchio delle storie e delle donne della famiglia di Trisha. E’ un microcosmo racchiuso nel ventre di un’altra madre, l’India, altra essenza femminile. Sono questi luoghi a dare respiro, linfa vitale tanto ai personaggi quanto alle loro vicissitudini.
“Calcutta” è un romanzo straordinario, scritto da una poetessa della vita, una acuta osservatrice del mondo che scrive per immagini, colori, suoni e profumi. Amerete questo libro fin dalle prime pagine, ma ricordate di leggerlo con lo stesso amore che si riserva a una madre, o a alla nazione che è culla dei nostri giorni e delle nostre scelte.
Il libro
Autrice: Shumona Sinha
Casa Editrice: Clichy Edizioni
Pagine: 225
Prezzo: 15 euro
Data di pubblicazione: 2016
Sinossi
Dopo la pubblicazione, nel 2011, di A morte i poveri!, Shumona Sinha, poetessa e scrittrice indiana che scrive in un sublime francese, è stata decretata dalla stampa come la più interessante e promettente autrice indiana. In questo nuovo, struggente e teso romanzo, la Sinha narra la propria terra, le sue tensioni politiche, l’odio che da sempre la pervade e la tinge di dolore e di sangue, i sogni, le illusioni, i miti e le leggende della sua famiglia. Al centro di tutto c’è una città, Calcutta, nella quale una giovane donna torna per assistere alla cremazione di suo padre. E lì ritrova il quartiere, la casa, gli oggetti, i ricordi della sua infanzia. Tutto la sconvolge, l’olio di ibisco per ammorbidire la follia di sua madre, la trapunta rossa che nascondeva le armi di suo padre attivista comunista, le storie della nonna Annapurna e della bisnonna Ashanti, concubina ribelle e anticonformista di uno spietato signore. Un libro forte e denso di poesia, una scrittura straordinariamente ricca ed evocativa, un’autrice che dopo aver conquistato la Francia si propone adesso con forza anche in Italia. (Dalla quarta di copertina).
L’autrice
Shumona Sinha è nata nel 1973 a Calcutta. Dal 2001 vive a Parigi e scrive in francese. Curatrice di alcune antologie di poesia indiana, nel 2011 ha pubblicato A morte i poveri! (edito in Italia da Barbès Editore), con cui si è aggiudicata numerosi premi.
Per saperne di più
La pagina dedicata al romanzo sul sito Edizioni Clichy
Il profilo Twitter dell'autrice
Il profilo Facebook dell'autrice
Le immagini sono tratte dal sito delle Edizioni Clichy
Per saperne di più
La pagina dedicata al romanzo sul sito Edizioni Clichy
Il profilo Twitter dell'autrice
Il profilo Facebook dell'autrice
Le immagini sono tratte dal sito delle Edizioni Clichy
Ciao :) Seguo il tuo bellissimo blog da un po' ma è la prima volta che lascio un commento.
RispondiEliminaQuesta recensione mi ispira moltissimo: in effetti dell'India sappiamo sempre molto poco e la nostra conoscenza superficiale si divide tra la visione spirituale e mistica del paese, e il suo aspetto più "pop" offertoci dai film di Bollywood. Mi ha sempre incuriosito molto come paese e mi piacerebbe leggere qualche romanzo ambientato nella vera India, quella vissuta ogni giorno dai suoi abitanti. Credo proprio che prenderò in considerazione questo romanzo :)
Ciao! :-) Grazie mille :-) Ti consiglio "Calcutta", è davvero un bel romanzo e molto diverso dagli altri. Sono rimasta incantata dalla scrittura di Shumona Sinha.
EliminaSe ti piace il genere, c'è anche un'altra ottima autrice, Shobaa Dee :-)