Dopo aver approfondito la vicenda di Triora, il nostro secondo appuntamento con lo Speciale Halloween ci porta dall’altra parte dell’oceano, nelle Americhe, per la precisione a Salem, cittadina divenuta tristemente famosa per uno dei casi più clamorosi nella storia dell’inquisizione e della stregoneria.
Il processo alle presunte streghe di Salem fu uno dei più gravi casi di isteria di massa che la Storia ricordi. Il 1692, fu l’anno in cui scoppiò il “caso Salem”, come potremmo chiamarlo oggi; la paura sfumò verso il panico, causando un’agguerrita, feroce caccia alle streghe nel Nuovo Mondo.
Il tribunale secolare del luogo non si ritrovò a giudicare solo delle persone, ma anche un intero sistema di valori religiosi e morali che, lentamente, stava mutando, sgretolandosi per lasciar posto al nuovo.
Per gli abitanti della piccola città occorreva preservare le tradizioni, ripristinare “l’ordine” instaurato dal puritanesimo da ogni vento di cambiamento “terreno” e “materialistico” che minacciava di minare alla base un’intera società.
Non solo la superstizione, l’isteria, l’ignoranza, l’invidia (già incontrati nel caso di Triora) furono le cause del processo di Salem.
Vi era molto di più in gioco: la sopravvivenza di un piccolo universo che rischiava di scomparire.
I primi arresti
Salem, città poco distante da Boston, in origine si chiamava “Nahun Keake”, mentre il nome con cui tutti la conosciamo le venne dato nel 1928. La sua derivazione da “Gerusalemme” è un chiaro segno di rispetto nei confronti della religione, ossequio ai valori di questa, oltre che una sorta di non troppo velata opposizione e monito nei confronti delle popolazioni indiane, le cui pratiche rituali erano considerate, dai colonizzatori, alla stregua di incantesimi demoniaci.
"Processo a Mary Walcott", Crafts, 1876 |
Nel 1692 la figlia e la nipote del reverendo Samuel Parris, ovvero Elizabeth Parris e Abigail William, rispettivamente di nove e undici anni, iniziarono ad avvertire strani sintomi che le inducevano a comportamenti altrettanto bizzarri, come l’ostinato mutismo, le frasi senza alcuna logica, l’abitudine di muoversi da un posto all’altro strisciando.
Il reverendo John Hale, esperto di stregoneria, venne convocato a Salem per visitare le due ragazze. Non ebbe esitazione nel dichiarare che si trattava di possessione demoniaca; le vittime dovevano aver “giocato” con la magia ritrovandosi, così, schiave del maligno.
La prima accusata da Elizabeth e Abigail fu Tituba Indian, la schiava di Parris.
Tituba confessò, sotto tortura, di essere una strega e di aver esercitato le arti magiche sulle padrone sotto la minaccia di una specie di “concilio” di streghe.
Fece, poi, i nomi di altre donne, scatenando la persecuzione.
Tra le prime accusate ci furono Sarah Good, insieme alla figlia di quattro anni e l’anziana Sarah Osborne. La prima fu anche costretta a partorire in carcere, ma la neonata non sopravvisse.
Stessa sorte toccò alla stessa Osborne e ad altri prigionieri, che si ammalarono e perirono a causa delle dure condizioni di vita nella prigione.
Dall’isteria di massa al delirio
A Salem il terrore cresceva di giorno in giorno, in un inquietante susseguirsi di accuse, arresti, torture e minacce.
L’intero Massachusetts era preda di un vero e proprio delirio.
Vennero processate 144 persone (106 donne e 38 uomini) e 20 condannate al patibolo, tra cui Bridget Bishop, la quale viene ricordata proprio perché fu la prima a morire a causa del processo.
Un’altra esecuzione, quella di Elizabeth Proctor, moglie del fattore John Proctor, incinta e tra le prime a essere accusata di stregoneria, fu, invece, rimandata a dopo il parto.
Le accusatrici avevano innescato un meccanismo mortale, che non erano più in grado di controllare, ma in loro non vi era il minimo segno di pentimento.
Al contrario, ad Abigail ed Elizabeth, man mano, si erano aggiunte altre giovani concittadine: Ann Putnam, Mercy Lewis, Mary Warren, Mercy Short, Betty Hubbard e Susannah Sheldon.
La fine del processo
Ciò che stava succedendo a Salem destò grandi polemiche e dubbi sia sulla natura delle accuse che sui metodi d’indagine (molto discutibili).
In qualche modo, in quel particolare momento storico, la ragione iniziava a illuminare le menti di molti uomini, spingendoli a porsi domande, a usare la logica, a cercare di verificare, di dare una spiegazione a ciò che fino a poco tempo prima veniva accettato passivamente.
Il comportamento del tutto inusuale di Elizabeth, Abigail e delle loro concittadine fu ridimensionato, analizzato dalla prospettiva della razionalità. Purtroppo niente poté evitare le condanne a morte e i tempi non erano ancora del tutto maturi per poter scrivere la parola fine sulla tragedia della caccia alle streghe, ma qualcosa, per fortuna, stava inesorabilmente cambiando.
Fu il governatore William Phips a chiudere il “caso Salem” sospendendo i processi, consentendo l’assoluzione della maggior parte degli imputati ancora in carcere e la sospensione della condanna per quelli ritenuti colpevoli.
Dalla storia alla leggenda
Il processo di Salem colpì duramente famiglie benestanti e povere, anziani e ragazzi, uomini e donne. Perfino il reverendo George Burroghs, proprietario terreno, fu condannato a morte.
Di Tituba, prima imputata ad ammettere di essere una strega, si sa davvero poco. Forse
anche lei fu condotta al patibolo, o forse si salvò, ma la sua presunta conoscenza della magia, in particolar modo dei riti vudù, come pure le sue origini, non sono del tutto chiare.
Verità e finzione tendono a sovrapporsi, creando un’immagine in cui sono ben riconoscibili elementi della cultura africana, europea e di quelle del Centro e del Sud America.
La letteratura e il cinema, poi, hanno reinterpretato tanto la storia di Tituba, Elizabeth e Abigail, quanto la stessa vicenda che coinvolse Salem.
Tutti gli scrittori e i registi che si sono interessati al processo del 1692 hanno, inevitabilmente, plasmato i fatti in base alla loro prospettiva, ai loro sentimenti e all’epoca in cui vissero.
Pensiamo, per esempio, a “Il Crogiuolo” (1953) di Arthur Miller, in cui la caccia alle streghe divenne emblema del maccartismo che si diffuse negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, oppure al film “La seduzione del male” (1996), con Winona Rider e Daniel Day-Lewis, nel quale le accuse partono dalla smania di vendetta, dalla rivalità amorosa e dalla ribellione alle rigide regole della società puritana.
Pellicole e libri che conferirono a Salem un’aura leggendaria e immortale.
Prima di tutto, però, le streghe di Salem furono lo specchio di un tempo lontano, di un mondo che si ostinava a non voler guardare oltre le tradizioni cristallizzate che costringevano all’immobilità del pensiero.
Salem, come Triora, è un monito per tutti noi, ancora oggi, affinché riscopriamo l’incommensurabile valore della razionalità, della conoscenza e della vita umana.
Bibliografia
Frances Hill, “Le streghe bambine di Salem. Una storia vera del 1692”, Piemme, 2003;
Maryse Condé, “Io, Tituba, strega nera di Salem”, Giunti, 2001 (romanzo);
Stefania Bonura, “Le 101 donne più malvagie della Storia”, Newton Compton Editori, 2011;
Brian P. Levack, “La caccia alle streghe in Europa”, Editori Laterza, 2003;
Massimo Centini, “Le streghe nel mondo. Storia, credenze popolari, riti e simbologia, i grandi processi”, De Vecchi Editore, 2002.
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